Sebbene le reazioni individuali varino, ecco un elenco di cibi e bevande comunemente consigliati da evitare o da consumare con moderazione in caso di dispepsia:
Cibi piccanti o grassi: possono irritare lo stomaco e aumentare la produzione di acido gastrico.
Caffè e altre bevande contenenti caffeina: possono aumentare la produzione di acido nello stomaco.
Cibi acidi: come gli agrumi (arance, pompelmo, limoni) e i loro succhi, oppure i pomodori e i prodotti a base di pomodoro.
Bevande gassate: le bibite e le altre bevande gassate possono causare gonfiore e senso di pienezza.
Cioccolato: può rilassare lo sfintere esofageo inferiore, consentendo agli acidi dello stomaco di risalire nell'esofago, provocando i sintomi del reflusso.
Alcool: può irritare lo stomaco e aumentare la produzione di acido.
Menta piperita e menta verde: sebbene siano spesso consigliate per altri disturbi digestivi, anch'esse possono rilassare lo sfintere esofageo inferiore.
Cibi ricchi di grassi: i cibi fritti, le carni grasse e la panna, ad esempio, possono rallentare lo svuotamento gastrico, provocando una sensazione di pesantezza e pienezza.
Fagioli, lenticchie e alcune verdure: come cavoli, broccoli e cavolfiori, possono causare gas e gonfiore in alcune persone.
Latte intero e prodotti lattiero-caseari a base di latte intero: per alcune persone possono peggiorare i sintomi della dispepsia.
Cos'è la sindrome dell'intestino irritabile?
La sindrome dell'intestino irritabile (IBS), altrimenti nota come colopatia funzionale o sindrome del colon irritabile, è una patologia dell'apparato digerente caratterizzata da sintomi digestivi che, pur non essendo progressivi o fatali, non sono meno invalidanti.
Questi sintomi caratteristici, gas, gonfiore, pancia cosiddetta "da gravidanza", problemi di transito, affaticamento e disturbi d'ansia, contribuiscono alla diagnosi di IBS. Sebbene non sia riconosciuta come malattia, la sindrome viene diagnosticata utilizzando un approccio basato sui sintomi definito dai criteri di Roma IV.
I criteri di Roma IV sono gli unici criteri diagnostici riconosciuti su cui esiste un consenso all'interno della comunità medica e tengono conto non solo dei sintomi, ma anche della nozione di ricorrenza e della durata nel tempo.
La diagnosi di IBS viene quindi posta quando si osservano dolori addominali ricorrenti (almeno una volta alla settimana) negli ultimi tre mesi, associati ad almeno uno dei seguenti sintomi: un cambiamento nella frequenza, nella forma o nell'aspetto delle feci. Possono essere presi in considerazione altri esami più invasivi (colonscopia, endoscopia, ecc.) per escludere altre malattie dell'apparato digerente (MICI, SIBO, celiachia, ecc.). La sindrome dell'intestino irritabile è caratterizzata da un aspetto funzionale, che non lascia tracce cliniche o lesioni sugli organi dell'apparato digerente.
Sebbene la sindrome dell'intestino irritabile non sia pericolosa per la vita né progressiva, la presenza dei sintomi e la loro intensità su base quotidiana possono contribuire in modo significativo al deterioramento della qualità di vita dei pazienti per i quali non esiste attualmente una cura.